

Mi sento chiedere spesso, da clienti e da chi segue i miei corsi, quale sia il segreto per ottenere un suono di rullante “da disco”. Ci sono molti elementi da prendere in considerazione, partendo dallo strumento stesso, dal tipo di bacchette usate, dall’accordatura, dall’acustica della stanza, dai microfoni, bla bla bla. Potrei affascinare i miei interlocutori con un po’ di magia nera, iniziando a parlare di compressione, di inviluppo, di equalizzazione e di riverbero. Peccato, però, che una simile risposta sarebbe quantomeno riduttiva.
Se domandassi ad un gruppo di persone la definizione di “bel suono”, otterrei una dozzina di risposte diverse. Non sono uno di quei fonici che per schivare argomenti scottanti ripetono che non esiste giusto o sbagliato, che non esiste suono brutto o bello, che non ci sono regole, ecc. La realtà è che le regole ci sono eccome e sono dettate dall’estetica. In primo luogo, quindi, bisogna considerare il contesto: il suono di un bel rullante rock sarebbe davvero molto brutto se incluso in un contesto jazzistico, vero? Quindi, per un po’, ho iniziato la mia risposta con un’altra domanda: «Di che genere musicale stiamo parlando?». Col tempo, ho notato che tra le persone più interessate a sapere come ottenere un grande suono di rullante, non c’era mai chi suonava solo ed esclusivamente jazz, ma non è un caso (continua a leggere). Quindi, ho deciso di smettere di parlare di contesto e la mia prima risposta è diventata: «L’ottanta percento di quel suono lo producono i batteristi, è la loro mano che fa la differenza. Devi suonare in maniera costante, i tuoi colpi devono essere simili tra loro e non devi mai perdere corposità e attacco. I fonici fanno ben poco». Generalmente ottengo due tipi di reazione dopo questa risposta: la prima, è lo sguardo nel vuoto – da cui capisco la delusione di chi si aspettava una risposta più interessante o più comoda -, la seconda è il cedimento delle palpebre a mezz’occhio mentre vengo fissato intensamente, come ad accusarmi di non voler rivelare i preziosi segreti del mio mestiere.
Qualche tempo fa, inaspettatamente, ho scovato un post su Facebook di un grande batterista inglese, Gavin Harrison, in cui si dava la stessa risposta alla domanda che ci poniamo in questo articolo.
Meglio conosciuto per per le sue collaborazioni con le band britanniche Porcupine Tree e King Crimson, Gavin Harrison è, insieme a Simon Phillips, il mio batterista preferito… ma questo non frega a nessuno, lo so!
Eccolo (clicca sull’immagine per ingrandire):
Provo a tradurne liberamente il testo.
Un batterista mi ha appena chiesto “quali sono i segreti di un grande suono di rullante?”. Ci sono tanti elementi, ma una risposta che posso dare è che (un grande suono di rullante)ha MOLTO a che fare con il modo in cui si colpisce lo strumento. In un genere musicale che richiede un solido backbeat si DEVE essere suonare con costanza. Si deve essere costanti nel punto esatto in cui si colpisce il rullante e in quanta forza ci si mette. Un batterista i cui colpi hanno timbro e volumi diversi l’uno dall’altro è un incubo da mixare. Per chi suona i rim-shot (il bordo e la pelle allo stesso tempo), colpite la pelle nello stesso punto ogni volta e puntate un po’ più a nord del centro. Questo metodo vi farà produrre suoni grossi e costanti. Per ottenere un bel suono di batteria, prima di tutto bisogna suonarla bene, poi possiamo parlare dei fusti, delle cordiere, dell’accordatura, dei microfoni, degli eq, dei compressori, dei riverberi, ecc. Qui c’è una foto di un rullante che ho suonato per qualche mese nella mia sala prove.